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Dual in Grundig zarge + SASsy Shure: intriganti sorgenti analogiche

DUAL 1219Sento già le orecchie che mi fischiano: starete pensando “Luca scrivi come mangi”: ok vi chiedo pazienza, passatemi questi termini stranieri, leggendo l’articolo capirete presto il loro significato. Fin da quando sono approdato al mondo Grundig, circa 20 mesi fa, mi sono interessato anche alla produzione Grundig precedente alla prima metà degli anni ’70: online non è difficile reperire i relativi Grundig Revue (quelli successivi al 1975 li avevo tutti, anche se alla fine degli anni ’80 li ho gettati via)

Guardando quei Revue precedenti il 1975, ho potuto constatare che, nella seconda metà degli anni ’60, quando anche in Europa ha preso piede il concetto di un impianto hi-fi a componenti separati, Grundig commercializzava piastre giradischi Dual montati su un telaio da lei stessa personalizzato: questa politica commerciale è continuata almeno dal 1968 al 1976: dal 1977 in poi Grundig ha abbandonato Dual limitatamente ai giradischi stand-alone, continuando ad utilizzarli per i propri compatti, ed ha cominciato a commercializzare giradischi stand alone con il proprio marchio progettati insieme ad altri. Questo è il caso dei PS1010 – PS 1020 (1977-1979), progettati in collaborazione con Sanyo, cui sono seguiti tanti altri modelli utilizzando modelli progettati da Philips e credo anche da Technics (penso ai tangenziali).

Mi ero incuriosito riguardo questi Dual in Grundig Zarge (Dual in telaio Grundig in tedesco – frase con cui li cerco su ebay.de – ecco svelata la prima parte del titolo) ovvero specificatamente i Dual 1019, 1219, 1229 e 1249 commercializzati da Grundig con il proprio telaio in legno. Facendo ricerche online ho potuto rendermi conto di come i modelli suddetti fossero considerati delle pietre miliari della riproduzione del vinile, sia per la bontà sonica che per la leggendaria robustezza, erano comunque tutti i modelli ammiragli del loro tempo. Nei siti anglosassoni, si disquisisce spesso su quale modello preferire sulla base della loro affidabilità, quasi dando per scontata una qualità sonica simile nei modelli suddetti. Non è difficile imbattersi in utenti che raccontano come i loro Dual, 1019 o sella serie 12xx che siano, funzionano senza problemi fin da quando li hanno acquistati a cavallo della fine degli anni ’60 e dei primi anni ’70.

Per dare un’idea più precisa, spesso si disquisisce sul fatto che il 1219 sia preferibile al 1229 perché ha una o due parti in metallo in più e di come i giradischi della serie 700 (prodotti dal 1976 in poi e mai commercializzati dalla Grundig) siano certamente degli ottimi giradischi, ma che non abbiano la leggendaria qualità costruttiva dei primi (es. i piatti delle serie 1000 – 1963/1969 e della serie 1200 – 1970/1976 pesavano oltre 3 kg, contro gli 1,5 della serie 700 Ndr: non sempre però piatto più pesante uguale migliore qualità del suono, questo dipende anche da altri componenti del giradischi).

Sulla base di queste recensioni i suddetti modelli di giradischi “Dual in Grundig zarge” hanno cominciato ad esercitare un certo fascino su di me: erano giradischi costruiti per durare e per essere usati anche da chi non era un appassionato di hi-fi, ma semplicemente da chi era un appassionato di musica. Vero che anche loro hanno un punto debole, per es. il famoso “Steuerpimpel”, ma da quando ho conosciuto Marco Cristadoro ed Emilio di Audio Oasis, mi sentirei più al sicuro, in caso divenissi proprietario di uno di questi modelli.

A questo punto permettetemi una digressione che mi verrà utile nel proseguio dell’articolo: quando nel 1977 ho comprato il mio primo impianto stereo, non avevo alcuna idea di quanti fattori di cui bisogna tener conto ed interfacciare correttamente per avere una sorgente analogica performante. A quell’epoca ero stato molto fortunato, ci aveva pensato Pioneer a risolvermi i problemi, in quanto avevo comprato un suo coordinato dove braccio, testina, sezione Phono dell’amplificatore erano stati scelti per far rendere quell’impiantino al 100% delle sue potenzialità. All’epoca sapevo solo come fare a bilanciare il braccio, impostare il peso di lettura raccomandato dal costruttore della testina ed impostare il valore dell’anti-skating uguale al suddetto peso di lettura Solo dopo il 2003, leggendo un numero di Fedeltà del Suono dedicato alle sorgenti analogiche, ho imparato che tante erano le caratteristiche del sistema braccio – testina che dovevano combaciare per avere una sinergia al 100%. Una, molto importante, è fare in modo che il sistema braccio – testina diventi un filtro anti-risonanza: allora ho scoperto che per fare questo il sistema doveva avere preferibilmente una frequenza di risonanza compresa fra i 9 ed i 14 HZ. Per raggiungere questo obiettivo bisogna conoscere quali siano la massa effettiva del nostro braccio, il peso della testina e la cedevolezza dello stilo. ed applicare infine una speciale formula che ci avrebbe detto quando il sistema sarebbe rientrato nel range di risonanze fra i 9 ed i 14 hz. Inoltre ho imparato concetti come il VTA, ovvero l’angolo di tracciamento verticale dello stilo, fosse altrettanto importante per una corretta riproduzione dei nostri amati microsolchi.

Ebbene, quando in questi mesi recenti sono andato a consultare le brochure e le istruzioni per l’uso sono rimasto folgorato di come Dual spiegasse all’utente questi concetti e come mostrava di avere impostato lei perfettamente tutti questi parametri in fabbrica, consigliando l’utente di non deviare da essi.

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Nella pagina qui sopra riprodotta, tratta dalla brochure in inglese del Dual 1229 (ma era riprodotta uguale in quella del 1219, solo che l’ho trovata solo in tedesco e non si capisce molto) la casa mostra come fare per verificare che, applicando una nuova testina, diversa da quella fornita in originale, il sistema braccio -testina abbia comunque una frequenza di risonanza compreso nel range ottimale di 8-14 hertz. Notate bene che la Dual non mostra neanche la formula matematica, ma mette a disposizione un grafico semplice-semplice dove basta sapere peso della testina e cedevolezza dello stilo, per sapere, intersecando questi due valori, a che punto ci si trova.

Ovviamente tutte le testine che la Dual, e conseguentemente la Grundig, davano in dotazione al piatto rientravano sempre in questo “range virtuoso”. Per poterlo verificare, nell’ultima pagina venivano riportate, fra le varie caratteristiche, il peso e la cedevolezza delle tre testine che venivano premontate nei loro piatti. Trovo questa cosa semplicemente geniale.

Tale aggettivo lo userei anche per il particolare tipo di portatestina (o shell) che usava la Dual, fatto in modo per semplificare al massimo le operazioni di smontaggio e rimontaggio della testina: per rendere possibile che tale shell funzionasse nel modo più semplice per i loro clienti, Dual si faceva personalizzare dal produttore originario su proprie specifiche l’involucro esterno delle testine che montava sui propri giradischi. Il problema, per noi che ci interessiamo a questi apparecchi dopo più di 40 anni dalla loro uscita del mercato, è che Dual cambiava sistematicamente il nome originario delle testine, che, nel periodo che va dalla seconda metà degli anni ’60 fino alla fine fine degli anni ’70, almeno per i giradischi forniti alla Grundig, sia nei compatti che nei telai stand-alone erano rigorosamente SHURE (vedere tabella più avanti), rendendoci la vita un po’ complicata nel capire quale era l’originale modello Shure.

Nel libretto di istruzioni dei Dual 1219, 1229 e 1249 inoltre viene specificato che, se si monta una testina diversa da quelle previste in origine dalla stessa Dual, bisogna mettere viti o spessori in modo tale che la puntina si trovi esattamente a 21 mm. dal limite superiore della conchiglia; immaginate il perchè, vero?

In questo modo si ottiene il rispetto del perfetto angolo ti tracciamento verticale di 90°!

Per facilitare ulteriormente la vita insieme al giradischi veniva dato un piccolo kit di viti per far sì che altre testine previste da Dual, diverse da quella originariamente fornite (che erano elencate nei loro cataloghi) si potessero montare rispettando senza fatica quei fatidici 21 mm. Davano anche una pezzo in plastica che, assomigliando più ad un proteggi stilo, in realtà, una volta attaccato al porta testina aveva riferimenti per segnalare se la puntina si trovava nel punto esatto (praticamente una dima di utilizzo semplice ed immediato). Non aspettatevi di trovare questi ultimi accessori assieme ai giradischi posti in vendita online, non ho mai visto una inserzione dove ne fosse segnalata la presenza.

Altre notevoli caratteristiche, che indicano come i modelli della serie 1200 fossero un compendio di alta precisione meccanica, era la possibilità di registrare il punto di caduta della puntina durante il funzionamento in automatismo, la regolazione del tracking differente per gli stili conici o quelli ellettici (con relativa tabella esplicitata nelle istruzioni),nonchè la possiblità di alzare il braccio in funzionamento cambiadischi (l’altezza era tarata ad una altezza media di tre dischi impilati per avere un VTA non troppo diverso da quello ottimale, visto che si potevano impilare fino a sei dischi). C’era anche la possibilità di variare la velocità di rotazione del piatto con range di +/- 3%. Si impone quindi l’inserimento prima di una tabella tratta dal catalogo Shure del 1979 che mette in fila tutte le testine prodotte in quel periodo, seguita poi da una seconda tabella che specifica a quale modello Shure corrispondeva la denominazione Dual

sassv3Ho scelto il catalogo del 1979 perchè in quell’anno erano ancora tutte in produzione le testine lanciate dalla seconda metà degli anni ’60, fra cui la M44G e la M75G montate (questa volta senza essere rinominate) sul Dual 1019 e ci sono tutte quelle che saranno montate dalla Grundig sui propri giradischi stand-alone e sui compatti fino al 1979. Come potete vedere, il top di gamma era la V15 IV° poi seguivano la V15 III°, la M95ED, la famiglia M91ED – M75 ED TYPE 2 (uguali elettronicamente, ma la seconda aveva il proteggistilo incorporato) e poi la famiglia M91E – M75G appena un gradino più basso e poi tutte le altre. Nella prima tabella è evidenziata la corrispondenza fra i modelli Dual rimarchiati da Grundig con la nomenclatura della casa di Norimberga, mentre nella seconda è riportata la corrispondenza fra la denominazione del modello Dual ed il corrispondente Shure, con l’aggiunta dei giradischi Dual – Grundig su cui erano montate ed anche la corrispondenza con lo stilo di ricambio originale Shure e quello dei ricambi Jico (dei quali parlerò diffusamente appena più sotto.

 CORRISPONDENZA MODELLI DUAL CON DENOMINAZIONE GRUNDIG

ANNI 1966-1969 1970-71 1972
Modello
Dual 1019 1219 1214 1219
Grundig PS1 PS7 PS60 PS71
TESTINA Dual M44G-M75G M91 MG-D M75 MB-D DM101 MG
Equiv. Shure M44G-M75G M91G M75B TYPE 2 M91GD
ANNI 1973 – 1974   1975 1976
Modello
Dual 1214 1229 NESSUNO 1226 1249
Nome Grundig PS60 PS71 NESSUNO P50 P100
TESTINA M75 MB-D DM103 ME M75 TYPE D D105 ED
Equiv. Shure M75B TYPE 2 M91ED M75 TYPE D M95ED

N.B. nel programma Grundig del 1975 non era prevista la commercializzazione di alcun giradischi stand-alone di qualsiasi derivazione.

CORRISPONDENZA DENOMINAZIONE DUAL DELLE TESTINE SHURE MONTATE SU APPARECCHI GRUNDIG CON STILI DI RICAMBIO ORIGINALI SHURE E CORRISPONDENTI JICO SAS

Modello Corrispondente Montato su STILO SHURE STILO SAS
Dual Shure
V15 III-LM V15 III° DUAL 701 VN35E-VN35MR VN35E SAS
D105 ED M95 ED P100 N95ED N95E SAS
DM103 ME M91 ED PS70-71 N91ED N91ED SAS
DM101 MG M91 GD PS70 N91GD N91GD
DM95G TYPE G M75G TYPE 2 RPC 500-600 N75G T2 N75G2 SAS
M91 MG-D M91G PS7 N91G N91G SAS
M75 TYPE D M75-6S P50 N75-6S N75-6S SAS
M75 MB-D M75B TYPE 2 PS60 N75B T2 N75B T2 SAS
M44G M44G PS1 N44G N44G

 

N.B. La V15 III non è mai stata montata su giradischi commercializzati da Grundig, ma solo sul Dual 701 e poi altri della serie 700 dal 1976 in poi. Le testine montate sul PS1 – Dual 1019 non hanno subito la ridenominazione da parte di Dual.

Ho riportato queste tabelle in modo che chi legge possa farsi una idea abbastanza precisa della qualità della testina che si trova montata su questi giradischi stand-alone o sui propri compatti (ovviamente se non sono state cambiate da precedenti proprietari). In generale scorrendo la linea di produzione della Shure, si vede che la casa puntava molto sulla tracciabilità dei modelli e, se guardate attentamente la brochure, è chiaro che sono messi in ordine gerarchico secondo questo parametro; migliore tracciablità = migliore suono. Vedete anche che per ogni modello esiste la versione con stile ellettico e con stilo sferico o conico che dir si voglia.

Da notare che nello stesso catalogo Shure dichiara che la la M91 ED e la M75 ED TYPE 2 sono la stessa identica testina, solo che la M75 è dotata di proteggi stilo: rimane strano che però abbiano stilo di ricambio diversi. Scendendo nella scala dei valori si nota come ci sono modelli della stessa famiglia M91 ed M75 che però hanno una minore tracciabilità o che hanno peso di lettura più alto per i bracci che lo richiedono: non vanno bene per i bracci dei Dual 1019, 1219, 1229 e 1249 per i quali Dual vanta la possibilità di leggere a partire da 1/2 grammo. A questo punto sorgono spontanee alcune domande: trattandosi di apparecchi di oltre quarant’anni fa, come fare in caso di stilo consumato? Si possono ottenere prestazioni superiori a quelle delle testine originali?

In linea generale mi sento di suggerire questa considerazione: se si è interessati a questi apparecchi vintage, credo che due sono lo motivazioni principali; la prima, che può sembrare banale, si è alla ricerca del suono analogico, un suono magari non estesissimo sulle altre frequenze a cui ci hanno abituato i CD, ma comunque molto più caldo e meno affaticante. La seconda è che ci stiamo rivolgendo al mercato vintage è perchè probabilmente non ci è possibile investire somme ingenti nel nostro amato hobby. Altra considerazione è che se state leggendo questo articolo è perchè siete appassionati del suono Grundig originale anni ’70, quindi io personalmente sono portato a suggerirvi di non prendere in considerazione qualunque ipotesi di aggiornamento testina verso il mondo delle moving coil, in generale costose (anche partendo dalla entry-level) e spesso votate all’iperdettaglio, per tacere del fatto che probabilmente l’unico apparecchio Grundig con stadio phono predisposto per tale tipologia di testine è il preamplificatore XV7500 degli anni ’80.

Inoltre leggendo le recensioni delle testine Shure montate in origine sui Dual-Grundig, risulta che sono comunque considerate essere tra le migliori rappresentanti di quel suono analogico di cui parlavo prima. Quindi restando in casa Shure, possiamo dire già di essere in presenza di un ottimo livello qualitativo in relazione al suono che stiamo cercando e che naturalmente questo ci porta di fronte a due strade.

Prima strada: l’upgrading in casa Shure
la prima strada è quella di tentare un upgrading montando una testina della serie V15, il top di gamma dal 1965 fin quasi ai giorni nostri, nelle sue varie incarnazioni, ma quelle interessanti per noi direi che sono la III°, la IV° e la V°. Le V15 sono da sempre considerate tra le migliori interpretazioni delle testine MM, migliori anche di MC di costo persino doppio. Allora sono andato a leggere le caratteristiche delle varie V15 nei cataloghi in lingua inglese del 1976 (V15 III), del 1979 (V15IV) e del 1985 (V15 VMR) il peso di queste testine e la loro cedevolezza non pongono problemi in merito alla frequenza di risonanza del sistema braccio-testina, come tutta la produzione Shure della seconda metà degli anni ’70, ma mi sono imbattuto in un nuovo parametro che non conoscevo: LA CAPACITANZA.

Nel catalogo del 1976 si legge per tutte le Shure (V15 III compresa) che le prestazioni ottimali si ottengono se fatte lavorare con una capacitanza totale compresa fra i 400 ed i 500 picofarad per ogni canale e che la capacitanza totale è data dalla somma della singola capacitanza dello stadio phono dell’ampli, del cavo di segnale che collega il giradischi all’ampli e da quella del cablaggio del braccio. Fin qui nessun problema, sapendo di quanto erano bravi gli ingegneri tedeschi ed in particolare quelli della Grundig nel interfacciare i propri componenti, ho immaginato che se avevano scelto queste testine era perché la somma della capacitanza degli stadi phono delle amplificazioni Grundig, dei cavi di segnale e del cablaggio del braccio in dotazione ai “Dual in Grundig zarge” doveva sicuramente aggirarsi a quei valori indicati di 400-500 picofarad.

DUAL V15-01

Un problema nasce quando vado a leggere le caratteristiche della IV e della V nei cataloghi 1979 e 1985; qui è chiaramente specificato che “queste testine per rendere al 100% devono lavorare con una capacitanza totale di 250 picofarad: qualsiasi variazione di questo valore inficierà le qualità di queste testine” (nel senso che la risposta in frequenza perde la sua linearità, cosa non da poco, direi) Allora qui nasce davvero un problema: sapendo che la mia catena Grundig è sicuramente tarata sui 400 picofarad, come potrei fare per portarla a intorno ai 250 picofarad e soprattutto come potrei fare per misurarla?

Mi è assolutamente necessario un tecnico che mi spieghi queste cosette; chi può farlo meglio di Gabriele di Ferrara? Con la sua sempre infinita pazienza e competenza, mi spiega che il metodo più veloce per ridurre la capacitanza totale del sistema stadio-phono etc…. è accorciare il cavo di segnale che collega il giradischi all’ampli. Non è certo possibile andare a tagliare il cablaggio del braccio, che sarebbe irrilevante per i nostri propositi, in quanto troppo corto già di suo, così come impensabile sarebbe intervenire sullo stadio phono. Inoltre avrei il problema delle misurazioni dei valori ottenuti: gli strumenti di misura affidabili per questo valore, capacimetri e ponti RCL non costano una fischiata, in quanto Gabriele mi diffida dall’utilizzare strumenti da 30-40 euro che si trovano online, non sono molto precisi.

AVVERTENZA IMPORTANTISSIMA: Gabriele parlando di questo problema mi mette a conoscenza di una cosa fondamentale per i possessori dei compatti Studio o RPC che siano, con giradischi Dual. In questo caso NON VA MAI montata una testina che lavora ad una capacitanza di carico diversa da quella montata in origine. Infatti nei compatti non esiste un cavo così lungo come quello che collega il giradischi stand-alone all’amplificatore, sarebbe stato ridondante all’interno del compatto e avrebbe aumentato i rischi di raccogliere disturbi elettromagnetici: nei compatti questo cavo che collega il braccio dei Dual allo stadio phono interno è lungo pochi cm.. Risulta evidente che la capacitanza all’interno dei compatti è comunque inferiore ai 400 pf. Per ovviare a questo problema i bravissimi ingegneri della Grundig hanno agito sull’altro valore che, fatto cambiare in accordo a quello della capacitanza, continua ad assicurare un andamento piatto della risposta in frequenza della testina, ovvero l’impedenza di carico, quasi universalmente fissata in quasi tutte le testine MM al valore di 47 Kohm, valore al quale si sono uniformati praticamente tutti gli stadi Phono MM degli ampli prodotti sul globo terracqueo.

Nei compatti Grundig (ma anche di altre marche, presumo) per far lavorare queste testine Shure in modo ottimale si è accettata una capacitanza molto più bassa, andando però contestualmente a variare l’impedenza di carico a cui lo stadio phono fa lavorare la testina; quindi qualunque testina che andreste a montare con capacitanza di carico diversa dai 400 pf andrebbe a lavorare male perché si troverebbe a lavorare con una impedenza di carico diversa dai 47 Kohm per i quali è stata tarata. Come vedrete sui compatti è bene pensare ad aggiornare lo stilo (come vedrete più avanti) MAI a montare una testina con una capacitanza ottimale di lavoro diversa dai 400 pf. Per fare un esempio pratico, Gabriele mi ha informato che nell’RPC 600 la impedenza di carico a cui viene fatta lavorare la testina è stata portata da 47 ad 82 Kohm.

Tornando ai giradischi stand-alone, a questo punto il mio personale consiglio sarebbe quello di prendere in considerazione solo la V15 III in caso di upgrading della testina: online ho trovato parecchi riscontri a questa problema di far lavorare le testine MM al valore di capacitanza consigliato. Molti riportano che una V15 IV° o V° fatta lavorare in un sistema a 400 pf va peggio delle M91 ED e delle M75 ED T2. Certo però che le V15 VMR montavano il rivoluzionario stilo MicroRidge, responsabile delle sue eccellenti qualità…vero è che questo stilo nel 1985 fu prodotto anche per la V15 III° (VN35MR) ed anche per la V15 IV (VN45MR), ma sono virtualmente introvabili. Ci si deve rinunciare allora? No, non è così, ci viene in aiuto una ditta giapponese che riproduce un numero impressionante di stili il più possibile vicini a quelli originali e che ci viene in soccorso nel caso della seconda ipotesi possibile.

Seconda strada: upgrading dello stilo
La ditta che ci viene in aiuto per percorrere questa seconda strada è la Jico, che normalmente, come detto sopra, può sicuramente rappresentare una alternativa agli stili originali ormai consumati a prezzi ragionevoli (ricordo che in questo caso ci si può rivolgere anche al nostro Roberto per stili equivalenti di fabbricazione svizzera, si risparmia il tempo ed i soldi della dogana). Tuttavia non si sono fermati qui, poichè qualche anno fa hanno deciso di mettere in produzione la versione Microridge degli stili delle testine più conosciute. Questi stili si chiamano SAS, acronimo di Super Analogue Stylus ed esistono per tutte le testine più comuni, fra cui quasi tutte le Shure che venivano montate sui Dual serie 1000 e 1200 ed anche sui compatti.

Alla questa pagina del loro sito cliccando, sulla sinistra, sulla marca di testina che possedete e potete controllare se producono lo stilo simile all’originale (con prezzo variabile dai 20 ai 60 dollari, secondo il taglio più o meno pregiato dell’originale) ed anche la corrispondente versione Microridge (costo variabile dai 130 ai 160 dollari). Cos’hanno di speciale questi stilo SAS con taglio microridge? Innanzitutto possiamo dire che guardando i dati tecnici riguardanti la tracciabilità delle testine del 1976 e delle V15 IV° del 1979 e della V15 VMR del 1985 si vede che questa migliora in modo impressionante: guardate la tabella seguente che ho preparato prendendo i dati dai cataloghi ufficiali Shure dell’epoca, che le mette tutte a confronto.

Prospetto tracciabilità modelli Shure

1976 1979 1985 2010 INCR. PERC.
MODELLO M91 ED – M95 ED V15 III° V15 IV° V15 VMR JICO SAS DA M91ED A
STILO M75 ED T2 ELLIT. BIR. ELL. BIR. IPEREL. MICRORIDGE MICRORIDGE V15 VMR
400 HZ 22 24 26 29 30 >30 36,36%
1000 HZ 33 33 38 42 46 >46 39,39%
5000 HZ 28 28 35 47 80 >80 185,71%
10.000 HZ 19 19 26 37 60 >60 215,79%

Giustamente si può obiettare che la tracciabilità è anche influenzata dal braccio su cui viene montata la testina: la Shure, per rendere confrontabili fra loro i dati precisa che questi si riferiscono a testine montate su bracci SME 3009 Improved, quindi parliamo di bracci di ottima qualità. A noi non resta che considerare che migliore è il braccio a nostra disposizione, maggiore è l’incremento di qualità percepito per il miglioramento della tracciabilità delle testine più evolute. Chiaramente un braccio particolarmente scarso verrà ad diminuire i benefici di un upgrading ad un sistema testina-stilo a più alta tracciabilità.

A tale proposito se mi fosse posta la domanda se siano migliori i bracci dei Dual 1019-1219-1229-1249 rispetto a quelli dei Grundig PS1010-1020, so che farei meglio ad appellarmi al 5° emendamento della costituzione americana per evitare polemiche (ovvero non rispondere per evitare di cacciarmi nei guai), ma pur non essendo un esperto, anche solo osservandoli sulle brochure, per metafora mi viene di fare un confronto mutuato dai trenini elettrici: è un po’ come paragonare il medesimo modello di locomotiva riprodotto in scala HO della Lima (PS1020-PS1010) e quello riprodotto della Marklin o della Fleischmann (Dual 1019-12xx). Se non li guardi da troppo vicino sembrano simili, ma quando li prendi in mano e poi le metti sui binari, ti accorgi che c’è una bella ed evidente differenza (a favore di Marklin, ovviamente).
Credo che i “diversamente giovani” nati come me negli anni ’60 sappiano bene di cosa sto parlando, per i giovani con meno esperienza alle spalle della mia generazione, cioè quelli nati dagli anni ’80 in poi, c’è Internet per aggiornarsi ed invidiare quelli come noi che ci hanno giocato.

In ogni caso gli uomini del marketing della Dual si sono dati un sacco da fare per evidenziare le qualità di questi bracci: nelle brochure viene minuziosamente spiegato il principio costruttivo ed i risultati ottenuti, ovvero minimo errore tangenziale di tracciamento (1,6 mm. nel punto peggiore – a fine disco) e minima frizione grazie ai 4 punti di ancoraggio dello stesso braccio. Venivano anche evidenziati dati come la resistenza al movimento verticale ed orizzontale, ridotta a infinitesimi di grammo. Se pubblicavano questi dati, che altri ancora oggi si guardano bene dal pubblicare, anche se vi chiedono qualche migliaia di euro per il loro braccio, vuol dire che erano sicuri al 100% della qualità del giradischi e del braccio in particolare.

DUAL CATALOGO 1219-05
DUAL CATALOGO 1219-09

Tornando alla tracciabilità (caratteristica propria degli stilo rispetto al corpo della testina) noterete come fra le testine montate sui Dual-Grundig e la testina V15 V° con stilo Microridge l’incremento è veramente impressionante sulle frequenze medio-alte: per i 5.000 ed i 10.000 hz il miglioramento si aggira sul 200%, mentre si attesta su un già eccellente quasi + 40% per le frequenze medio basse. E’ chiaro che se la tracciabilità è responsabile di una buona parte della qualità del suono prodotto da una data testina, dalle testine che vengono a montare stilo Microridge è lecito aspettarsi un bel miglioramento dello stesso. Migliore tracciabilità significa maggiori informazioni estratte dai microsolchi e minore distorsione. Faccio notare che il cantilever che sostiene il diamante con taglio MR di tutti gli stili Jico SAS è composto da uno dei materiali più quotati, ovvero il boro.

Ho fatto ricerche online sulle recensioni di utenti che hanno utilizzato questi stilo e sono tutti assolutamente entusiasti (si trovano parecchi recensioni anche sul sito della Jico, ma qui si potrebbe pensare che siano “truccati”, anche se faccio una enorme fatica a pensare a giapponesi che dichiarano il falso: per loro è un disonore insopportabile, e vengono immediatamente emarginati dalla società). Un utente americano del forum Audiokarma ha coniato il nuovo termine “SASsy Shure”, dove l’aggettivo “Sassy”, poichè in lingua inglese significa “sfacciato, insolente” viene a significare “Shure sfacciate dotate di stilo SAS”. Ma sfacciate nei confronti di chi? A parere degli utenti che hanno comprato questi stilo, lo sono nei confronti delle Moving Coil dal costo dai 500 ai 2.000 dollari ed anche oltre. Sempre per questi utenti le “SASsy Shure”, uniscono la capacità di rivelare tutti i dettagli di cui sono capaci le moving coil, unendo il calore del suono tipico delle migliori MM (le Shure di cui stiamo parlando, appunto), spesso precluso alle MC. In poche parole, hanno i dettagli di un CD senza perdere il suono tipico del vinile.

Tenete presente che questi stilo, come da raccomandazioni della casa, rendono al meglio in sistemi bracci-testina originariamente pensati per tracciare con il peso impostato a quello ottimale per il loro cantilever, ovvero ad 1,25 gr., (quindi poco adatti a quelle testine che nascevano per tracciare oltre gli 1,5 gr.) ed indovinate a quale peso si consigliava di utilizzare per le testine montate sui Dual – Grundig? Guarda caso proprio ad 1,25 gr.! Altra importante considerazione è che la sinergia fra questi stilo in versione SAS ed i Dual – Grundig è migliorata dal fatto che la loro cedevolezza ha un valore di 20, contro i circa 25 (M91E) – 30 (M91ED, ma anche V15 III°) degli stilo originali Shure: se per esempio andate ad intersecare, nel grafico di cui sopra, il peso della testina M91 ED con la curva di risonanza degli stilo con cedevolezza 20, invece del valore 30 originale, vi accorgerete che la frequenza di risonanza si alza ad un valore ancora più rassicurante di circa 11 HZ contro i 9,5 originali. Quindi la sinergia, sia che la testina montata sui Dual sia una M91E, o M91G, o M91ED (sto parlando della denominazione originale Shure) con questi stili SAS migliora ulteriormente. Rimane da fare qualche considerazione riguardo i prezzi: conviene sostituire gli stilo con uno SAS sulle testine normalmente montate dalla Dual (fate sempre riferimento al prospetto evidenziato più sopra)? Sapendo che la serie M91-M75 è da molti considerata come la serie dal suono più “caldo” rispetto alle M95ED ed alle V15 III, IMHO conviene investire 150 euro sul cambio dello stilo, piuttosto che 150 per trovare una V15 III° usata con il suo stilo originale: a parte che sono rare, a quanto si legge sul web è lo stilo SAS a fare una grande differenza. Per alcuni utenti che hanno postato le loro recensioni sulla pagina dello stilo Jico SAS equivalente a quello originale Microridge dela Shure V15 VMR, lo stilo giapponese è comunque migliore, anche come tracciabilità, ma soprattutto come suono, di quello originale Shure.

Considerate che qui nel mondo Grundig italiano c’è chi vende stilo originali Shure N75GT2 per le testine del PS1020 giusto a 150 euro, peraltro venduti solo se si acquista anche il PS1020 ricondizionato a nuovo ad ulteriori 250 euro, per cui non giudicherei eccessivo il prezzo degli Jico SAS. Ulteriore considerazione: nell’annuario di Suono 2005 lo stilo originale di ricambio VN35MR è accreditato di un prezzo di 250 euro. Certo, se avete 300 euro a disposizione, allora non ci penserei tanto, si può pensare ad acquistare una V15 III° dotandola successivamente dello stilo MicroRidge SAS, ed allora dovremmo essere sicuri di tirare fuori il meglio dal nostro sistema Dual – Shure – Grundig, ma da quanto si legge in rete, se facessimo pari a 100 il suono di una V15 III SAS, il suono delle M91ED, GD e compagnia bella con stilo SAS arriva almeno a 90-95, è lo stilo che cambia tutto.

DUAL DM95G_1 BROCHURE
DUAL dm103 BROCHURE

Voglio sottolineare che questo articolo non nasce con l’intento di affermare che i PS1020 ed i 1010 siano da buttare via, tutt’altro. Ho ascoltato questi giradischi a casa di Roberto con la testina consigliata in Romagna ed a casa di Thomas con la testina M44G che veniva montata in origine sui Grundig PS1 (Dual 1019), e devo dire che vanno veramente bene. Certamente il fatto che Roberto poche sere fa mi abbia telefonato entusiasta poche ore dopo avere installato il suo Dual 1019, unito ai pareri positivi su questi apparecchi da parte del gruppo dei ferraresi, che ricalcano a loro volta i pareri lusinghieri che da sempre raccolgono il 1019 e la serie 12xx nei forum internazionali, ha particolarmente sollecitato la mia curiosità verso questi apparecchi che peraltro seguivo già da parecchio tempo. Tutto questo mi ha fatto pensare che forse potrebbero andare oltre i risultati giù lusinghieri raccolti con i PS1010 e 1020, soprattutto se equipaggiati con le SASsy Shure (tenete comunque presente che esiste anche una versione SAS dello stilo N75GT2 chiamata N75G2 SAS, questo per chi già possiede il PS1020 che quindi può essere anche lui aggiornato). Voglio rimarcare che questo articolo nasce con l’intento di “aizzare” la curiosità dei lettori verso questi apparecchi, le mie sono supposizioni basate su pareri ed esperienze fatte da altri utenti in Italia e nel mondo, e sono quindi benvenuti tutte le esperienze riguardo i giradischi e le testine montate. Quindi non comprate giradischi, testine o stilo prima di avere fatto le Vostre ricerche personali, non basatevi su questo articolo, dovete verificare che i commenti online combacino con le vostre aspettative.

Inoltre non posso nascondermi che la Grundig su tutti i suoi giradischi stand alone ufficialmente ha sempre montato testine con stilo sferico o conico che dir si voglia, segno che questa soluzione è quella che più piaceva ai loro ingegneri del suono. Evidentemente ci sarà stata una questione di timbrica che questo tipo di stilo fornisce, in relazione al prezzo, che per loro compensava le minori informazioni estratte rispetto ad uno stilo ellittico. Magari prima provate quest’ultimo stilo per vedere se la strada nuova vi aggrada più di quella vecchia: pochissimi degli utenti che scrivono sui forum internazionali di questi stilo SAS li hanno inseriti in catene Grundig: ribadisco di sperimentare cum grano salis (Io però se avessi il budget ammetto che non resisterei alla tentazione di provare gli SAS).

VINILI E RICORDI INDELEBILI

Personalmente devo dire che questi apparecchi hanno esercitato un tale fascino su di me, che mi hanno fatto la voglia di tornare ad ascoltare quei (pochi) vinili che posseggo, legati sicuramente ai ricordi della mia adolescenza. Visto che non chiudo mai un articolo senza avere inserito un brano da ascoltare, voglio proporvi un brano in particolare (fra qualche altro) che è indissolubilmente legato ad un ricordo indimenticabile di ascolti analogici.

E’ la mattina del 1° Gennaio 1978, mi sono alzato tardi, reduce dalla prima festa di fine anno organizzata dalla mia piccola compagnia di sei quindicenni (tutti maschietti). Abitavo al secondo dei due piani di una palazzina in un appartamento di 200 mq in cui la mia famiglia viveva in affitto: era enorme come appartamento, ma sembrava minuscolo a me che mi ero trasferito a Carpi da un anno, proveniente dalla bassa mantovana, dove avevo vissuto in una immensa villa cinquecentesca di almeno 1500 mq, nel cui parco mio padre (Geometra) aveva costruito un locale da ballo estivo. Sopra quell’appartamento c’era un sottotetto mansardato abitabile, completamente vuoto che mio padre aveva affittato, facendosi finanziare dal padrone di casa la trasformazione in un mega ufficio open space di 200 mq. Tuttavia non era un ufficio tradizionale, mio padre lo aveva progettato in modo che si potesse trasformare in una piccola discoteca in miniatura e che potesse essere utilizzato dai suoi tre figli, il più grande dei quali, io, aveva già l’età per sfruttarlo. Era stato costruito tutto su piani sfalsati: all’entrata c’era un piccolo bar, al centro vi era un rialzo deputato ad accogliere il pantografo da geometra, ma una volta richiuso questo, diventava una pista da ballo. In fondo c’era un’angolo con un grande divano a ferro di cavallo (in muratura con imbottiture costruite ad hoc da mia madre) per accogliere gli ospiti (clienti nel suo caso): nel muro dietro la testa del divano era stato ricavato un vano dove normalmente stava il mio impianto stereo, che era quindi assolutamente esente da qualsiasi problema di acoustic feedback o vibrazioni in generale. L’ambiente era impreziosito da controsoffittatura per abbassare l’altezza del tetto nella sua zona centrale.

Io e miei cinque amici della mia prima compagnia da liceale avevamo lavorato fin dai primi di Ottobre per affiancare alle luci già esistenti un sacco di altri punti luce, per farlo sembrare una piccola discoteca in tutto e per tutto, ma solo per pochi intimi. Tutte le sere, finito di studiare, andavo in quella mansarda-discoteca ad ascoltare i brani che avremmo inserito in scaletta nella fatidica notte del 31/12/1977, provando le varie luci da accoppiare ad ogni brano per trovare la migliore atmosfera possibile e valutando se la sequenza era accattivante o meno. Era anche previsto che ognuno di noi dovesse alternarsi al mixer audio ogni quattro canzoni per evitare che uno soltanto rimanesse inchiodato per troppo tempo dietro la console. Poichè era una compagnia appena formata nella mia classe della prima liceo e le mie compagne di scuola guardavano noi “maschietti” come dei poveri immaturi, in quella festa l’accoglienza riservata alle ragazze invitate al di fuori della nostra classe, costituita dalla musiche scelte e dalle atmosfere che ne conseguivano, doveva parlare di noi, della nostra sensibilità, della nostra attenzione verso di loro, visto che eravamo piuttosto timidi e non eravamo molto bravi a spiegarci a parole. Il fine ultimo era sperare che quelle ragazze sarebbero poi diventate parte fissa della nostra compagnia, fino ad allora solo maschile.

Ci avevamo lavorato tutti i week-end a partire da Ottobre in sei contemporaneamente, discutendo a lungo di quale fosse il luogo migliore per ottenere il massimo effetto scenografico dei nuovi punti luce che avevamo preparato, e del massimo effetto emotivo dei brani che dovevamo sciegliere per i momenti di pausa ma soprattutto per quelli dedicati ai lenti. Ognuno di noi aveva messo in campo tutte le armi convenzionali e non, a propria disposizione: tutti indistintamente la manodopera e la propria collezione di dischi, io l’ambiente polivalente mirabilmente progettato da mio padre (penso di non essere mai riuscito a ringraziarlo abbastanza) e tutto il mio stereo, mentre uno dei componenti della compagnia,, nato con il talento dell’elettronica (tanto che oggi è un ingegnare aerospaziale ed insegna con tanto di PhD alla facoltà di Ingegneria dell’università di Padova), aveva costruito a tempo di record un mixer audio a cui erano collegati un giradischi e due piastre (per poter permettere il missaggio di una canzone su disco e quelle preregistrate in sequenza predeterminata su piastra) ed anche un microfono per poter parlare tra un disco e l’altro come i veri disc-jockey. Tale mixer era dotato di preascolto su ogni canale come quelli professionali. Ma non si fermò qui: riuscì anche a costruire un fantastico mixer luci attraverso il quale non soltanto era possibile spegnere ed accendere le luci in ogni area di quella mansarda, regolandone anche l’intensità, ma lo aveva dotato anche di un circuito che comandava luci psicadeliche (la cui intensità variabile si adeguava al ritmo musica) ed anche da un circuito per comandare una lampada stroboscopica a frequenza variabile (per essere accordata meglio al ritmo della musica), che ci sembrava veramente necessaria in pezzi che stavano facendo furore in quel periodo come “Let’s all chant” di Michael Zaeger Band e “I feel love” di Donna Summer.

Forza, salite in una pista da ballo del 1977 con youtube. Prima che passiate a cliccare lo start su Let’s all chant, devo premettere che ho inserito la versione originale non censurata, che ovviamente non vedrete mai su Radio Capital Tivù: ho ritenuto che se non è stata censurata su Youtube, alla fine non darà problemi ai chi leggerà questo articolo, penso si possa parlare davvero di nudi artistici da parte delle ballerine del video.

Voglio spendere due parole (si fa per dire) anche sui due pezzi che avevano l’onore di aprire le danze, ovvero “I’m Qualified to Satisfy you (aniway you want me to)” uno dei singoli di Barry White del 1977, e “Never Can say goodbye” di Gloria Gaynor. Mi battei particolarmente con gli altri miei amici per inserirli in scaletta (ogni pezzo in scaletta veniva discusso ed approvato fra di noi). Per il primo ebbi vita facile, anche perché il titolo girato al plurale esprimeva il nostro motto, rivolto alle invitate, per cui avevamo tanto lavorato – “Siamo qualificati per soddisfarvi, in qualsiasi modo voi vogliate (mitico Barry!). Per il secondo mi battei semplicemente perché fu il riempi pista ed hit assoluta della primavera ed dell’estate del 1975, e mi portava ai ricordi dell’ultima estate che avevo trascorso in quella villa con annesso parco e locale da ballo al suo interno, in cui avevo trascorso la mia infanzia dal 1969 alla fine del 1975. Inoltre come si può resistere al splendido giro di basso, che ricorda il battito del cuore del quindicenne che sta andando al primo appuntamento con la ragazzina che ha puntato per tanto tempo: e cosa dire dello splendido vocalizzo sulla di Gloria Gaynor al minuto 3′.30” che sembra rappresentare l’avvenuta rottura del ghiaccio, quando arrivato all’incontro inizi finalmente a parlargli. La successiva ripetizione ossessiva di “I Never can say goodbye”- non riesco mai a dire arrivederci – fino alla fine, sembra rappresentare la felicità del rendersi conto che è nato un certo feeling e non vorresti mai che venisse l’ora di salutarla.

Anche in questo caso, mi sembra opportuno approfittare di quella meravigliosa macchina del tempo che è Youtube: fate caso al testo di Barry White, nella sua semplicità è comunque splendido come dichiarazione di totale dedizione alla propria amata. Fate come i disc-jockey, appena sfumata la musica di Barry White, cliccate subito su Gloria Gaynor.

Ma torniamo a quella mattina di Capodanno 1978: come scritto appena qui sopra, avevamo profuso un impegno eccezionale per la riuscita della festa, ed effettivamente,incredibilmente, andò tutto come avevamo sperato, i brani e la scenografia delle luci meticolosamente prima preparati, la sera fatidica di San Silvestro avevano davvero creato una magica atmosfera che durò fino alla fine della festa verso le 4 del mattino. Le ragazze in effetti erano sicuramente rimaste colpite ed ammaliate dall’accoglienza loro riservata, dalle luci, dalla musica ed anche per loro fu una serata di grande e piacevole intrattenimento (ce ne parlarono per mesi a venire): avevamo raggiunto l’obiettivo di completare la compagnia con la controparte femminile. Infatti ci lasciammo con l’appuntamento per la prima uscita insieme il pomeriggio di Capodanno, mentre anche i loro papà che erano venuti a prenderle, guardavano sorpresi l’ambiente in cui si era svolta la festa.

Come già detto quel mattino mi svegliai ovviamente in tarda mattinata, poco prima di mezzogiorno, e volli subito tornare in mansarda per rivivere di nuovo l’atmosfera di quella notte magica: prima girovagai fra il tavolo dove vi erano sistemati i mixer audio e luci, e gli apparecchi stereo, attraversai la “pista da ballo” ed arrivai dove c’era il tavolo delle vettovaglie: fra le tante rimanenze delle torte preparate in evidente abbondanza dalle nostre madri e dalle stesse ragazze invitate, scelsi di assaggiare, finendola poi completamente, un quarto di torta di ricotta preparato dalla mamma del mio migliore amico, che la sera prima rifiutai sdegnosamente perché sapendo che la ricotta da sola non mi piace, avevo pensato che non mi sarebbe piaciuta nemmeno sotto forma di dolce (il mio amico ancora oggi mi prende in giro per quell’episodio – “Per fortuna che non ti piaceva, se avessi pensato che fosse buona fin dalla sera prima, l’avresti finita da solo, mangiando anche l’involucro di carta! – mi ripete di quando in quando prendendomi in giro per la mia golosità per i dolci).

Preso dalla magia di quel momento, data dalla constatazione che tutte le attese, tutto il lavoro profuso, in poche parole, che tutti i miei (ed i nostri) sogni si erano tramutati in realtà, andai a cercare una canzone che la sera prima era nella scaletta dei lenti, scelta apposta per creare una atmosfera eterea e sognante, adattissima a sottolineare quel momento irripetibile di estasi in cui mi sentivo completamente rilassato, in completa armonia e sintonia con il mondo. Trovato il disco la misi sul piatto e la ascoltai ad occhi chiusi. (chiudete gli occhi anche voi, nel video c’è un fermo immagine). Signori, ecco qui per voi, dall’anno di grazia 1969, un capolavoro assoluto del progressive-rock; tratto dall’album “In the court of the Crimson King” dei King Crimson il brano “I talk to the wind”

Sono sicuro che se voi che state leggendo avete ricordi di momenti simili senza una colonna sonora, adotterete facilmente questa per ricordarli. Ascoltai quel brano 2 o 3 volte di fila, poi finalmente tornai ad immergermi nella realtà (sempre con aria sognante), scendendo nell’appartamento di famiglia per andare a pranzo (ovviamente non mangiai quasi nulla…), poche ore dopo dovevo essere pronto per la prima uscita con le ragazze. Seguirono altre feste, altrettanto riuscite, ma non potevano più avere la magica ed irripetibile atmosfera di quella prima festa, tipica di tutti quegli eventi che costituiscono per noi una prima volta.

Scene da una notte magica
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  • Foto 1: il disc-jockey è sempre quello che attira più attenzioni! Il futuro ingegnere aeronautico raccoglie il ringraziamento di una ragazza mentre annuncia il suo brano preferito.
  • Foto 2. Si balla! Notate il faretto stroboscopico sula testa della ragazza a sinistra e gli altri faretti in alto a bordo pista
  • Foto 3: rubata la macchina fotografica al fotografo ufficiale per immortalarlo con un foulard in testa: notate il pantografo di mio padre ricoperto di Domopak per aumentare i riflessi delle luci colorate. Dietro di lui vi erano due vani vuoti, normalmente usati da mio padre per riporvi dentro i lucidi, dove noi avevamo posato due lampadine azzurre che proiettavano due coni di luce verso il soffitto, di grande effetto durante i lenti.
  • Foto 4: questa ragazza voleva una foto da sola con tutti noi maschietti insieme, ma l’obiettivo non era abbastanza grandangolare! Lo scrivente si era piazzato immediatamente alla sua sinistra, per chi osserva.

Purtroppo il flash ha annullato i colori delle luci originali, allora non esistevano pellicole che arrivassero a sensibilità di 12.800 ASA come i sensori delle digitali odierne per fare a meno del flash, ma in ogni caso non avrebbero resistito all’usura del tempo sulle stampe, hanno tutte virato al giallo.

Il 31 Dicembre 2007 telefonai a quattro di quelle sei persone che avevano costituito il nucleo di quella prima compagnia della mia adolescenza con i quali sono tuttora in contatto: dopo i miei rituali auguri di Felice anno nuovo dissi ad ognuno di loro “Lo sai, che questa è una serata speciale, vero? Ognuno di loro mi rispose fulmineo allo stesso modo: “Certo, oggi è il trentesimo anniversario della prima festa che abbiamo fatto a casa tua”, glissando poi ovviamente sulle considerazioni del tempo che passa troppo in fretta. Quel vissuto è rimasto dentro in noi come un ricordo indelebile e costituisce un legame speciale che ci unisce dopo tanti anni, oggi come allora.

Con questi ricordi degli ascolti analogici, come faccio a resistere alla tentazione di acquistare un Dual rigorosamente “in Grundig zarge” (a parte che sono un fanboy della Grundig, mi piacciono molto di più le basi Grundig di quelle Dual)? Temo che mi sarà inutile cercare di resistere, vi farò sapere gli sviluppi.

P.S. n.1: nel compilare la scaletta in quei giorni di Dicembre, mi battei come un leone per inserire nei lenti una canzone tradizionale come la nr. 1 in classifica di quei giorni, ovvero “Solo tu” dei Matia Bazar, motivando con i miei amici – “Ragazzi se non mettiamo questa, a forza di atmosfere psicadeliche delle canzoni dei Pink Floyd (Us and Them – The great gig in the sky), dei King Crimson e dei Genesis (Afterglow) le ragazze scapperanno a gambe levate pensando che dopo la mezzanotte gli serviremo dell’LSD!” – Tutti si misero a ridere ed approvarono 201la mia proposta, quasi blasfema se rapportata al tono degli altri brani in scaletta.

P.S. n. 2: La scorsa Domenica sera, quando stavo sciegliendo i video su Youtube da inserire in questo articolo, nel momento in cui ho fatto partire quelllo di Barry White, mia figlia di sei anni, che era sprofondata da più di un’ora sul divano guardando cartoni animati, è scattata in piedi e mi ha chiesto “Papà mi fai ballare?” A quel punto è partito un improbabile trenino con papà come locomotiva e figlia come tender, che avanzava “danzando” al ritmo dei colpi di charleston del batterista della Love Unlimited Orchestra, sottolineato ulteriormente dallo schioccare delle mie dita. Ho fatto ripartire il video altre due volte, mia figlia non voleva più smettere (she “Can’t Get enough of your music” Barry – parafrasando la sua famosa hit): per forrunftuna poi è arrivata la mamma in soccorso al mio fiatone, dicendo perentoria che ormai era ora di andare a letto. Cosa c’è di più bello per un padre di trasmettere il proprio vissuto ai figli? Grazie Maestro per le emozioni che la tua musica continua a darmi ininterrottamente da quarant’anni.

P.S. n.3 del 26/11/2014: C’è una ragione di più (come cantava Ornella Vanoni nella sua magnifica canzone del 1969) per cercare i Dual su telaio Grundig: ieri sera Gabriele mi ha precisato che i telai made in Furth erano di vero legno, mentre quelli della Dual no. Parlando dal punto di vista di un collezionista di vintage i Grundig sono più appetibili dei Dual. Sonicamente non mi pronuncio, ma vi porto l’esempio di un apparecchio Grundig di cui si parlerà su queste pagine in futuro: la radio portatile Stereo Concert 4000 del 1968: queste radio portatili vengono vendute con prezzi dai 300 euro in su. Nel 1972 uscì la Stereo Concert 1000, esteticamente e tecnicamente quasi identica alla 4000, ma questa ha valutazioni di almeno 100 euro inferiore; per quello che ho letto in rete la differenza sarebbe dovuta al fatto che la 4000 ha il telaio in legno, la 1000 no e per alcuni la differenza sonicamente si sente. Tuttavia ammetto che non ho letto commenti e confronti del genere fra i Dual originali e quelli montati su base Grundig, tuttavia da fanboy della Grundig, io starei dalla parte del legno….

Bibliografia: per le brochure e le schede tecniche in tedesco, per i cataloghi Grundig e le foto di apparecchi usate in questo articoloi
Per tutte le informazioni riguardanti i giradischi e le testine Shure in inglese si ringrazia il sito vynilengine.com
Per accedere ai dati, prima dovete registrarvi, andare nella sezione “Library” e cliccare sulla marca cdi cui vi interessa vedere brochure, libretti di istruzioni, Manuali di servizio. Sono liberamente scaricabili in formato pdf

Per le schede tecniche delle testine Shure rimarcate da Dual:
http://dual.pytalhost.eu/systeme/systeme.html#shure
Qui viene anche indicata la cedevolezza (Nachgiebigkeit il valore da considerare è quello verticale) che stranamente la Shure non riporta nei suoi cataloghi

16 Comments

  1. Non lo so sono passato dall’aizzamento dei dual all’aizzamento delle signorine del primo video, ci fanno uscire pazzi le D… signorine! Fino alla quasi commozione finale, dei figli e del saluto al Maestro. Gli articoli tuoi, caro Luca, sono per me molto particolari. Grazie.

  2. articolo da paura.
    difficile leggerlo in un colpo solo.
    certamente tesoro da rivisitare, anche e soprattutto (per me) sulle specifiche tecniche……Luca, se posso dirlo: ti sei superato per l ennesima volta.
    complimenti!!!
    marco

  3. Cari Pasquale e Marco vi ringrazio per gli apprezzamenti: effettivamente è un articolo che ha richiesto una gestazione piuttosto lunga, mi sono “divertito” a leggere un sacco di recensioni in inglese sulle “Sassy” Shure etc.. Ne approfitto per segnalare che ho inserito il P.s. n. 3. So che l’articolo era già abbastanza lungo, ma Gabriele giusto ieri sera mi ha messo a conoscenza di un particolare che ritengo di non trascurabile entità dal punto di vista di un appassionato del marchio Grundig.

  4. l’articolo, oltre ad essere molto ben fatto è una sorta di raccolta di consigli ed indicazioni utilissime agli appassionati sia del marchio Dual che a tutti i possessori di testine Shure.
    La ricerca effettuata è al momento la migliore che abbia mai letto, non solo in italiano, ma anche in altre lingue. Questo articolo meriterebbe di essere tradotto in inglese ed in tedesco.

  5. Mamma mia..come detto da Marco..difficile leggerlo e comprenderlo in tutte le sue sfumature..in un sol colpo..complimenti..e molto interessante

  6. Grazie Luca,
    articolo molto interessante,
    Sono d’accordo con Roberto: è la migliore ricerca che abbia mai letto.

  7. Luca..io monto sul mio 1219 una testina shure m95edm..mi consigli di acquistare una v15terza?

  8. Ciao,
    ho letto da qualche parte che la M95 ED e la V15 III avrebbero lo stesso “motore”, solo che alla prima non era possibile montare gli stilo più performanti riservati alla top di gamma: secondo questo ragionamento, converrebbe investire in uno stilo N95 SAS della Jico per tirare fuori il meglio dal “motore” della M95. Tuttavia io non sono molto d’accordo con questa tesi, in quanto i dati elettrici di queste due testine che credo siano imputabili alla loro parte fissa (“motore”), come l’induttanza e la resistenza interna sono diversi. Per questo motivo tendo a pensare che anche internamente fossero comunque diverse. Per cui se il budget non è un problema io acquisterei una V15 III°, visto che dal punto di vista dell’interfacciamento con il braccio del 1219 non pone alcun problema (anzi…..). Poi eventualmente, in un secondo tempo, farei lo sforzo di acquistare lo stilo SAS costruito dalla Jico per tale testina, ed allora sarai sicuro di avere risultati che non avrebbbero nulla da invidiare a quelli ottenibili dalle migliori MM attualmente in commercio, che però hanno il difetto di costare non meno di 700 euro e di non interfacciarsi a meraviglia con il Dual 1219. Non solo, lo stilo di ricambio di queste testine, alla meglio equivalente, ma non superiore allo stilo SAS della Jico, costa sui 400 euro. Da qui si evince come i 150 euro + spedizione facciano diventare lo stilo SAS un affare senza precedenti!
    Riassumendo, io sono convinto che l’accoppiata V15 III + stilo SAS siano probabilmente la migliore accoppiata in assoluto (sia dal punto di vista della qualità, che del prezzo) per il Dual 1219.

  9. Voglio aggiungere, che molti degli utenti anglosassoni che hanno la V15 II con lo stilo SAS, si lasciano andare a dichiarazioni che affermano la competitività di questa accoppiata con le MC fino a 2.000 dollari: se uno apprezza il maggior corpo del suono delle MM rispetto alle MC, non faccio fatica a credere loro.

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