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RobertoRoberto
Amministratore del forum

Domanda facile: secondo voi è sufficiente misurare la risposta in frequenza ai morsetti dei diffusori per determinare se quello che percepiranno le vostre orecchie nel punto di ascolto sarà un suono reale?

La balla colossale che taluni cercano ancora di spacciare ha proprio le gambe corte. Può circolare in determinati ambienti ove la cultura del suono è stata appresa leggendo le “quattro cose quattro” dispensate dal Guru “de noantri” aggratis (ma non troppo).

Esistono persone che apprendono nozioni leggendo due pagine su internet, le fanno proprie (non capendo una beata fava) e le difendono anche a spada tratta, non intuendo che loro stessi (i poverini) sono le prime vittime sacrificali del nulla assoluto.

Il bello è che la frase più utilizzata dai saccenti manipolatori è : “utilizzate le vostre orecchie”, confidando, forse, nel fatto che la gente le orecchie non è in grado di usarle. Infatti, se ognuno le proprie orecchie le adoperasse veramente capirebbe al volo l’inghippo. Saprebbe subito riconoscere il suono appagante da quello scarno. Avrebbe immediatamente la consapevolezza nel capire il giusto dallo sbagliato.

D’altra parte esiste gente che ha preso come modello di facciata un marchio come Grundig, ideatore e promulgatore del loudness, arrivando persino a fantasticare su fantomatiche interazioni tra telaio e circuitazioni elettriche, sottacendo che su tutti gli apparecchi costruiti a Furth, il controllo fisiologico era una parte fondamentale della circuitazione stessa. Per Grundig il loudness doveva essere sempre inserito. Il tasto apposito lo si doveva schiacciare se NON lo si voleva utilizzare.
L’ interesse di Grundig è sempre stato tecnico. Puntava costantemente al miglioramento tecnologico ma non fine a se stesso ma come modo per ottenere i migliori risultati possibili.
Grundig, fintanto ha potuto guidare la sua azienda senza scendere a compromessi, ha sempre prodotto apparecchi destinati nel far usufruire al genere umano il miglior suono possibile. Abbiamo detto genere umano. Non fregava nulla a Grundig quale armonia stimolasse l’attività sessuale dei pipistrelli, a quali frequenze un delfino perdesse interesse per la musica o che melodia invitasse il cane a pisciare. Grundig sapeva che il destinatario ultimo di un messaggio sonoro era l’uomo, con la sua emotività, il suo gusto, il suo patrimonio di conoscenze.

Per Grundig era la tecnica che doveva essere messa al servizio dell’uomo. L’esatto contrario di quello che viene propinato dai cultori di certe “filosofie” enigmatiche, misteriose e incomprensibili ove tutto deve essere stravolto, a partire dall’ ubicazione assurda degli apparecchi.
Grundig si atteneva scrupolosamente alle norme DIN 45 500. Superava i limiti posti dalle norme che decretavano il diritto di fregiarsi del marchio Hi-fi. Lo faceva però con granus salis, mai dimenticando la propria “mission”: la tecnica per il piacere dell’uomo.

Parliamo di tempi ove Grundig aveva la possibilità di costruire come desiderava; quando i propri apparecchi erano prodotti dalle maestranze tedesche e non portoghesi e non era ancora stata costretta a mettere il proprio nome su fetecchie giapponesi. In quel periodo Grundig produceva apparecchi godibilissimi e musicali.
Non rincorreva le misure imposte dalle pubblicità delle riviste dove le scale di valori erano lo 0,005% di distorsione o gli 0,1 decibel per determinare il buono o cattivo apparecchio. Quello è un retaggio del passato che viene ancora oggi utilizzato, dagli spenna grulli.

La risposta in frequenza era perfettamente conosciuta da Grundig ma quando costruiva apparecchi ben suonanti si rifiutava di piegarsi alle politiche commerciali. Grundig non costruiva amplificazioni che debordavano dai limiti fisiologici dell’orecchio umano solo per il gusto di esibire numeri sulla carta. Faceva apparecchi che suonavano bene.
Decretato che la linearità, la distorsione, la silenziosità superano abbondantemente le possibilità dell’orecchio umano, Grundig ha indirizzato la ricerca in altre direzioni.

Vi siete mai chiesti come mai apparecchi apparentemente identici dal punto di vista delle caratteristiche tecniche, comunemente rilevate dalle strumentazioni, diano delle sensazioni di ascolto completamente differenti? Pensate che il responsabile sia veramente una vite non tirata? Pensate che sia causato dal coperchio dell’apparecchio che deve essere piegato in un certo modo? Se avete queste convinzioni, siete pronti a iscrivervi a qualche confraternita di audiofili frustrati. Gente che si fa del male non fustigandosi con i cavi ma impoverendosi di risorse economiche alla ricerca della modifica miracolosa o della spugnetta ideale per disaccoppiare il diffusore.
Intendiamoci, quando parlo di apparecchi apparentemente uguali per caratteristiche e suonano in modo differente non mi riferisco solamente alla robustezza dei bassi, alla brillantezza delle note acute o alla plasticità del suono. Alludo anche alla capacità di prolungare il piacere d’ascolto, aumentando la voglia di stare ad ascoltare la musica.
Grundig non aveva nessun bisogno di attaccare un computer (che non aveva) ai morsetti dei diffusori per determinare la risposta in frequenza e da lì capire se un apparecchio doveva suonare bene. Grundig progettava direttamente i suoi apparecchi perché suonassero in modo divino.

Fa ridere l’autocostruttore moderno che fa credere al mondo di aver capito tutto ed invece alla scuola Grundig non avrebbe neppure il diritto di sedersi al banco dei somari. Quello che intende misurare tutto ma non sa il valore di niente. Quello che immette un segnale semplice nella bocca dell’apparecchio e pretende di capire se l’apparecchio suonerà bene andando a rimisurarlo in uscita dal deretano. Grundig, soprattutto, e altri gloriosi marchi, avevano studiato e capito come in determinati circuiti, con particolari configurazioni, il comportamento dei segnali musicali complessi sia molto diverso da quello che può presentarsi con funzioni elettriche semplici tipiche di un’onda sinusoidale, quadra, triangolare.
Un ingegnere italiano diceva: “I circuiti elettronici si comportano come una porta attraverso la quale passa comodamente una persona per volta ma non quattro contemporaneamente”.

Questa caratteristica non è messa in risalto da nessuna misura presa su alcun morsetto posto sui diffusori. Chi vuol farlo credere o è in malafede o un grande inesperto e, oltre ad essere lui fuoristrada, trascina nel baratro anche tutti coloro che a quelle inesattezza credono. Fortunatamente a questi Guru i più fanno solo finta di credergli…

Se avete la possibilità di provare gli apparecchi Grundig costruiti utilizzando la filosofia sonica sopradescritta, possedete un’ottima sorgente di segnale, magnifici diffusori e un buon ambiente d’ascolto vi rendete conto immediatamente che le baggianate propinate non servono a nulla. Il vero suono, Grundig, sapeva come erogarlo in quanto i buoni apparecchi era in grado di progettarli e costruirli. Il loudness era parte integrante dei suoi apparecchi. Rifiutare anche solo una parte di quello che gli ingegneri avevano progettato corrisponde a rigettare in toto la filosofia costruttiva Grundig.

Tanto vale quindi passare ad altri apparecchi. Ho sentito che esistono alcune schede cinesi che riescono anche a riprodurre musica… basta metterle in un contenitore e godere non ascoltando il suono ma guardando la bella linea “in bolla” della risposta in frequenza.